Condividiamo con tutti i nostri amici e frequentatori del blog le foto dei momenti forti che le nostre comunità di Brindisi e Lecce hanno vissuto in questa prima settimana della Santa e Grande Quaresima. (Prima stazione dell'Inno Akathistos-Divina Liturgia sull'altare che custodisce il corpo di san Teodoro di Tiro- Domenica dell'Ortodossia- Festa dell'Annunciazione)
Venerdi 22 Marzo 2013 Prima stazione dell'Inno Akathistos
Brindisi
Sabato 23 Marzo 2013 (Primo sabato di Quaresima)
Duomo di Brindisi
Divina Liturgia sull'altare che custodisce il corpo di san Teodoro di Tiro
nel giorno della commemorazione -secondo il calendario della Chiesa Ortodossa- del miracolo delle kollive operato da san Teodoro di Tiro il primo sabato di Quaresima.
"Digiuni? Dimostramelo
con le opere! Se vedi un povero uomo, abbi compassione di lui. Se vedi un amico
che viene elogiato, non essere invidioso di lui. Non lasciar digiunare solo la
tua bocca ma anche il tuo occhio, il tuo orecchio, il tuo piede, le tue mani e
tutte le membra del nostro corpo. Fa' digiunare le mani liberandoti
dall'avarizia. Fa' digiunare il piede dallo smettere di correre dopo aver
peccato. Fa' digiunare gli occhi educandoli a non guardare ciò che è
peccaminoso. Fa' digiunare l'orecchio non ascoltando discorsi malvagi e
pettegolezzi. Fa' digiunare la bocca dalle parole oscene e dal giudizio
ingiusto. Che bene c'è se ci asteniamo dalla carne e dal pesce, ma poi mordiamo
e divoriamo i nostri fratelli e le nostre sorelle?!"
(San
Giovanni Crisostomo)
10 utili consigli Quaresimali
1. A prescindere da come digiuni, digiuna ogni singolo
giorno. Questo tipo di digiuno aiuta a estinguere le passioni e a edificare la
tua resistenza spirituale.
2.
Conosci precisamente quali siano le
regole del digiuno e cerca di osservarle al meglio delle tue capacità. Ogni
Quaresima, cerca di essere più rigido e umile.
3.
Particolari preoccupazioni riguardo al digiuno? Età, problemi di salute, mai
digiunato prima d'ora, matrimonio misto? Parlane con il tuo sacerdote.
4.
Assicurati di recitare la preghiera quaresimale di sant'Efrem.
Se
non puoi fare le prostrazioni (grandi metanie) fa' solo inchini o il segno
della croce.
5.Il sabato e la domenica, non facciamo le prostrazioni (le grandi metanie) e il
nostro digiuno è leggermente meno rigoroso poiché il Sabato e la Domenica sono giorni
festivi.
6.
I servizi quaresimali sono celebrati solamente durante la settimana- sforzati
di partecipare il più possibile a queste ufficiature e lo spirito quaresimale
ti contagerà.
7. Sport e attività all'aperto non sono
contrari allo spirito quaresimale.
8. Sforzatevi di evitare di andare al cinema,
feste, vacanze, ed altri intrattenimenti. Questo lo facciamo in modo tale da avere
più tempo da dedicare alle cose spirituali.
9.La Confessione
e la Santa Comunione
sono fondamentali per garantire i benefici della Quaresima. Dovremmo
assolutamente ricevere i sacramenti durante il periodo della Grande Quaresima.
10.Sii consapevole di quello che guardi o di quanto
tempo trascorri dinanzi alla televisione o al computer. Alcuni rinunciano alla
tv per tutta la Quaresima,
altri limitano rigorosamente il loro tempo e guardano solo programmi educativi
e telegiornali. Navigare sul web? Visita siti spirituali ortodossi!
Il 5 del mese
di Maggio, celebriamo la memoria della santa e grande martire IRENE
Al tempo di san Costantino il Grande, il re Licinio della
provincia di Magedone (Persia) aveva una bellissima figlia chiamata Penelope.
Per proteggerla da tutte le corruzioni del mondo esterno, all'età di sei
anni la rinchiuse in una torre alta e inaccessibile nella quale aveva ogni
genere di comodità. Era servita a tavola da tredici inservienti ed era istruita
da un saggio anziano di nome Apelliano. Un giorno, la bambina vide entrare nella
torre una colomba che portava nel suo becco un ramoscello d'ulivo che posò su
un tavolo d'oro. Poi venne un'aquila che aveva nei suoi artigli una corona di
fiori che posò nello stesso posto. Infine, arrivò un corvo che portava un
serpente e lo pose sempre lì. Quando Penelope chiese al suo maestro il
significato di queste cose, egli spiegò che essa doveva ricevere il Battesimo,
simboleggiato dal ramoscello d'ulivo, e che, dopo aver affrontato prove e
tribolazioni, avrebbe indossato la corona regale del martirio.
Sant’Irene protettrice di Lecce, frontespizio del Breviarium Liciense (1507 o 1527)
Subito dopo questa visione, un angelo venne a educarla nella Fede
Cristiana e le diede il nome di Irene (Pace). Dopo essere stata battezzata,
Irene buttò gli idoli del padre e affrontò le sue minacce con risolutezza
virile. Licinio la gettò furiosamente in mezzo ai cani selvatici, ma uno di
loro si rivoltò contro il re e lo schiacciò. Riportato in vita grazie alle
preghiere della figlia, Licinio si convertì insieme a un gran numero di suoi
sudditi; e dopo aver abdicato si ritirò nella torre, dove trascorse il resto
dei suoi giorni in lacrime di pentimento.
Sedecia, il suo successore al trono, cercò di riportare la
principessa all'idolatria e, di fronte al suo rifiuto ostinato, la gettò in una
fossa piena di serpenti velenosi. Con la potenza di Dio, Irene si salvò da
questa prova così come dalle altre che le furono inflitte, e convertì molti
pagani alla vera Fede.
Quando Sedecia fu detronizzato dai suoi nemici, suo figlio Savoro
andò in guerra per vendicarlo. Irene andò nella città natale di Magedone per
incontrare Savoro e il suo esercito, e chiedergli di mettere fine alle
persecuzioni. Il re si rifiutò, così, insieme al suo esercito fu colpito dalla
cecità, ma per le preghiere della santa riottennero tutti la vista. Ciò
nonostante, Savoro si rifiutò di riconoscere il potere di Dio ed espose la
santa ad altre torture; per questa sua insolenza fu colpito e ucciso da un
fulmine.
Liberata, così, dal re, Irene attraversò tutta la città
proclamando la Buona Novella, e conducendo a Cristo la maggioranza degli
abitanti. Si recò, poi, nella città di Calliniko, dove, avendo
trionfato sulle torture che le furono inflitte, condusse alla Fede tutti gli
abitanti incluso il prefetto incaricato dal re di torturarla. La fama della
santa raggiunse il re Sapore II di Persia che la convocò e la decapitò. Un
angelo, però, la riportò in vita cosicché potesse continuare la sua missione.
Andò quindi nella città di Mesembria, recando in mano un ramoscello d'ulivo
come simbolo di vittoria della Fede sopra tutti i poteri della morte. Dopo aver
battezzato il re della regione e i suoi sudditi, ritornò nella sua madrepatria
e poi andò a Efeso, dove, per confermare la sua predicazione operò molti
miracoli, simili a quelli degli Apostoli. Avendo completato la sua opera missionaria,
sant'Irene prese con sé il suo maestro Apelliano e sei discepoli; e andando in
una tomba appena costruita, ordinò loro di chiuderla dentro e di ritornare dopo
quattro giorni. Due giorni più tardi, Apelliano ritornò alla tomba, tolse via
la pietra e trovò la tomba vuota. Dio aveva glorificato la sua serva che lo
aveva amato e aveva dedicato tutta la sua vita nel servirlo. Sebbene molti di
questi miracoli possano sembrare irreali, nulla è impossibile a Dio.
Sant'Irene, attraverso la sua predicazione e il suo esempio, condusse migliaia
di persone a Cristo. La Chiesa continua a onorare la sua memoria e a invocare
la sua celeste intercessione.
Inoltre, sant'Irene fu una delle dodici sante vergini che
apparvero a san Serafino Sarov nel 1831 nel giorno della festa
dell'Annunciazione.
Per le sue preghiere, Signore Gesù Cristo Dio nostro, abbi
misericordia di noi e salvaci. Amin
***
LECCE E SANT'IRENE
Sant'Irene fu protettrice della città fino al 1656, anno in cui fu proclamato patrono della città: sant'Oronzo vescovo. Tuttavia, rimangono in città numerose testimonianze, piccole e grandi, di questa antichissima devozione, oggi, purtroppo, quasi del tutto dimenticata. Una di esse è la chiesa a Lei intitolata, nel cuore della città di Lecce, risalente ai secoli XVI-XVII. Come è visibile dalla fotografia, sulla trabeazione è scolpita la dedica in latino: IRENE VIRGINI ET MARTIRI (Alla vergine e martire Irene) e più sotto LVPIENSIVM PATRONAE (Alla patrona dei Leccesi). La nostra comunità Ortodossa di Lecce del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, (in via Ascanio Grandi 3 nei pressi di piazzetta santa Chiara) continua a venerare la Santa come protettrice di Lecce.
Sant'Irene
Quando Sant'Irene era la "prima donna" di Lecce (video)
Ricordiamo
la cacciata e l’esilio di Adamo dal Paradiso.
Questa domenica concludiamo la
prima parte del Triodion, per entrare - da domani- nella Grande e Santa Quaresima:
“lo
stadio delle virtù è aperto, chi vuole entri, e lotti secondo le regole e
riceverà dal Cristo il premio della vittoria.”
Abbiamo incominciato con la
domenica del Fariseo e del Pubblicano, dove la Chiesa ci ha insegnato la virtù
dell’umiltà, come presupposto indispensabile per la metania-conversione di vita
al Vangelo.
In seguito, con la domenica del figlio dissoluto, Essa ci ha
assicurati che la salvezza è possibile quando c’è sincera metania; infine, domenica
scorsa con il Giudizio universale del Signore, ancora più insistente è diventato l’invito alla metania e al ritorno a Dio per arrivare a oggi, dove la Chiesa ci
ricorda un fatto serio e tragico che
diventa la causa della venuta di Cristo nel mondo cioè la cacciata dell’uomo
dal Paradiso.
L’uomo contemporaneo quando
sente ciò, lo considera come una barzelletta; è assodato che ciò che dice la
Sacra Scrittura è verità di fede. La cacciata dal Paradiso rappresenta il fatto
tragico e terribile della morte dell’uomo causata dalla separazione da Dio per
mezzo del peccato. Ancora più tragico è che, nonostante Dio avesse dato
all’uomo nel Paradiso la possibilità della metania, l’uomo non ha voluto
accettare la sua caduta ma ha trasmesso la sua responsabilità alla donna che a
sua volta ha incolpato il serpente.
Il
più grande e terribile peccato di Adamo di allora e dell’uomo odierno è la ametania,
il non volere riconoscere il proprio peccato e il non voler convertirsi.
La scienza odierna urla e si
dimena nel volerci convincere che l’uomo provenga dalla scimmia con l’unico
scopo di voler dubitare e annullare la nostra creazione divina. Volete una
prova che dimostri la nostra caduta, cioè il nostro peccato? Chiedete a un
bambino: “perché hai fatto questo?”, ed egli risponderà: “non l’ho fatto io,
l’ha fatto lui!”. Anche noi, quando ci si rimprovera qualcosa, per istinto ci
giustifichiamo e incolpiamo agli altri.
Questo comportamento di
scaricare la nostra responsabilità agli altri, non dimostra la nostra origine
dai progenitori e quindi la verità del racconto sacro?!
Senza il riconoscere con
sincerità il nostro peccato, e con sincerità ritornare a Dio, l’uomo non
raggiunge la sua santificazione e la sua unione con Dio nella persona di Gesù
Cristo, il suo vero Figlio.
Per questo, il periodo della Grande Quaresima è il
periodo in cui il Cristo ci afferra per mano lungo la strada della conversione
e della nostra completa consacrazione a Dio.
Oggi, purtroppo, costatiamo con
tristezza che, quando si parla di Quaresima, essa rimane purtroppo solo un nome senza contenuto.
La parola del Vangelo e la parola autorevole dell’Apostolo
Paolo insistono su due punti fondamentali i quali dovrebbero aiutarci a vivere
da Cristiani questo lungo viaggio di purificazione del cuore e del corpo
attraverso la preghiera personale ed ecclesiale accompagnata dal digiuno. I due
punti sono: il perdono e il digiuno.
Lo dice Gesù stesso, non sono
fantasie o fissazioni o estremismi monastici ma è il Vangelo che fa da norma
assoluta alla nostra vita. Non possiamo vivere la Grande Quaresima se non
perdoniamo di cuore il nostro fratello. Il perdono e la misericordia sono le
virtù che ci rendono simili a Dio. Il nostro digiuno risulta essere ipocrita e
falso se non ci sono in noi il perdono e la misericordia che infiammano il
nostro cuore. Il vespro di questa sera, con cui si da inizio alla Grande
Quaresima, prende il nome di “Vespro del perdono o dell’amore”.
Quale digiuno è accetto a Dio?
Certamente non è concepibile dichiararsi Cristiani Ortodossi e non osservare il
digiuno che la Chiesa, cioè Cristo, ci dice di praticare. Sicuramente staremo lì a giustificarci e a
trovare tante scuse, ma questo è segno di egoismo e superbia nascosta). Nell’Ortodossia
non esiste il “fai da te”.
Il digiuno dai cibi deve essere accompagnato dalla
preghiera, dall’elemosina verso i bisognosi, non lasciamoci imprigionare
dall’egoismo perché molte volte sento: “Io mi faccio i fatti miei”, questo può
essere positivo ma può essere un peccato mortale quando io chiudo il mio cuore
al fratello che mi chiede il suo aiuto. Il digiuno gradito a Dio è il digiuno
dalla bocca, dagli occhi (dalla televisione e da immagini sconce), dalle
orecchie, in definitiva è digiunare dal peccato e dalle passioni. Leggiamo il
Vangelo nelle nostre case? Lo conosciamo?
“Non seguite la carne nei suoi
desideri” cioè non seguite i moti disordinati del corpo perché il nostro corpo
è tempio di Dio e le nostre membra sono membra di Cristo.
Il giorno della salvezza è alle
porte! Non lasciamoci prendere dal sonno e dall’indolenza ma entriamo nello
stadio delle lotte e cerchiamo di deporre il vecchio uomo corrotto dal peccato
e di rivestire il nuovo uomo, il Cristo risorto, luce del mondo.
AVVISI
Il programma quaresimale lo
avete già tra le vostre mani, ogni mattina (07. 15) c’è la preghiera in chiesa,
ogni sera alle 18.30 il Grande Apodhipnon, il venerdì l’Akathistos e il Sabato 8 alle ore 9.30 incomincia la Santa Liturgia nella Cattedrale di Brindisi
sulla tomba di san Teodoro di Tiro con la benedizione delle Kolive in onore del Santo. Inoltre i Sabati alle 18.30, il vespro che ci prepara alla Domenica.
Solo con 40 di febbre siamo giustificati dal non venire in chiesa la domenica; tuttavia noto, con grande dispiacere, che a ogni occasione buona tralasciamo il
venire in chiesa e andiamo a divertirci.
Sappiate che questo è un peccato
mortale perché disubbidiamo a un comandamento divino dove il Signore ci chiede
per Suo amore di consacrare il settimo giorno o l’ottavo giorno solo per Lui:
"sei giorni lavorerai ma il settimo giorno è sacro".
Come il Signore
si è riposato, così tu devi riposare per ringraziarlo. Anche il non digiunare come fatto sistematico e volontario è un peccato, perché disubbidiamo ad un comandamento divino.
Domenica
di Carnevale: 3^ del Triodio (Incomincia il digiuno dalla carne)
“E
di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti…”
Oggi la Chiesa festeggia la memoria della
seconda Parousia (venuta) gloriosa e tremenda del Signore Risorto. Abbiamo
considerato la virtù dell’umiltà contro il fariseismo, cioè auto-gloriarsi e
auto-vantarsi della pratica davanti a Dio e disprezzare il prossimo. Domenica
scorsa, abbiamo contemplato il mistero della misericordia divina e nello stesso
tempo l’invito all’uomo peccatore di ritornare a Dio attraverso la conversione, cioè la metania. Il
peccato conseguenza del nostro egoismo e della nostra superbia ci fa nemici di
Dio, il pentimento e l’accusa del peccato riversa su di noi la misericordia e
il perdono. Il Padre misericordioso è comunque un oceano infinito di amore
verso i suoi figli.
Oggi con la parabola del Giudizio, la
Chiesa vuole scuotere l’uomo dalla sua pigrizia e dal suo torpore spirituale
facendogli capire che Dio è sì misericordioso, ma è anche giusto Giudice e
quindi l’uomo, figlio di Dio, non può rimandare all’infinito la sua
conversione, la sua confessione di
peccatore, perché la morte sopraggiunge come un ladro.
Al pensiero di morire, cosa faccio io?
C’è in me la volontà seria di cambiare vita secondo il Vangelo? Come mi
presenterò al Giudice? Fino a che sono vivo, ho tempo di convertirmi ma una
volta che muoio, non c’è più alcuna speranza di essere posto alla destra tra i
salvati!
La vita dono di Dio va vissuta in
sintonia con il Vangelo, preparandoci per accogliere la Sorella morte. Ci
attende un giudizio e questo giudizio di vita o di condanna è sempre un
giudizio salvifico.
Il metro con cui il Signore ci giudicherà
è l’amore, l’amore è il compimento
di tutta la Legge: “Ama Dio e ama il tuo
prossimo”. Qual è lo specifico
dell’amore cristiano?, è forse una preoccupazione sociale?, è forse un fare
del bene ad anonimi? Niente di tutto questo!
Il Signore Gesù non è un operatore
sociale né tantomeno un fondatore di religione ma il Signore Gesù ci ha
rivelato sulla croce il grande insegnamento dell’Amore: “Dare la vita per l’altro”.
In questo caso non è una morte di un
qualsiasi uomo che si sacrifica per l’altro ma è il sacrificio del Figlio di
Dio che da la vita per il mondo intero. Se il Signore Gesù non è un operatore
sociale, tantomeno la sua Chiesa non è un’agenzia a sfondo sociale e
umanitaria. Allora qual è lo specifico
dell’Amore cristiano?
È la possibile impossibilità di vedere il Cristo in ogni uomo di
qualsiasi razza e di qualsiasi religione! Capite bene che questo da una svolta
sostanziale alla pratica dell’amore. Oggi sentiamo dire che basta fare del bene
e poi nient’altro importa. Questo tipo di discorso è fasullo e diabolico.
L’Amore cristiano non è occasionale, non è una buona azione, ma è dar da bere,
vestire, dar da mangiare, visitare gli ammalati, visitare i carcerati perché in
quelle persone c’è Cristo. L’Amore cristiano va aldilà di questo mondo. Il mio
prossimo, il mio fratello diventa il criterio inequivocabile, già da questa
vita, della mia salvezza o della mia dannazione perché se io dico di amare Dio
che non vedo, e poi non amo il mio fratello che vedo, risulto essere un
bugiardo, perché l’amore verso Dio passa attraverso il mio prossimo.
Il pensiero della morte, del giudizio,
della salvezza o non salvezza ci devono spronare a ravvederci a intraprendere
la via dell’autocritica, invece di giudicare e di rivolgere il dito sempre
verso l’altro e non verso se stessi.
Qui sotto trovate le foto e i filmati della
Commemorazione di tutti i Cristiani Ortodossi addormentati dall'inizio del mondo, dei nostri padri e dei nostri fratelli.
nelle nostre comunità di Lecce, Brindisi e Ostuni.
In fondo alla pagina proponiamo una riflessione del presbitero Alexander Schmemann sul significato della Commemorazione di questo giorno.
LECCE
OSTUNI
BRINDISI
Tratto da: Alexander Schmemann Quaresima: In cammino verso la Pasqua
TRIODION – PREPARAZIONE ALLA QUARESIMA
4. IL GIUDIZIO FINALE
Domenica di Carnevale
La domenica successiva è chiamata di “Carnevale”, poiché durante la settimana successiva è prescritto dalla Chiesa un limitato digiuno, l’astensione dalle carni. Questa prescrizione è da intendersi alla luce di ciò che è stato detto a proposito del significato di preparazione. La Chiesa comincia ora ad “adattarci” al grande sforzo che essa aspetta da noi tra una settimana. Essa gradualmente ci porta a conoscere lo sforzo-conoscenza della nostra fragilità, prevedendo la nostra debolezza spirituale. Alla Vigilia di questo giorno (Sabato di Carnevale), la Chiesa ci invita ad un’universale commemorazione di quanti si sono addormentati nella speranza della resurrezione e della vita eterna. Questo è il grande giorno di preghiera per i suoi membri deceduti. Per comprendere la connessione tra la Quaresima e la preghiera per tutti i defunti, bisogna ricordare che la fede Cristiana è la religione dell’amore. Cristo ha lasciato ai suoi discepoli non una dottrina di salvezza individuale, ma un nuovo comandamento, “di amarsi l’un l’altro”, ed aggiunse: “Da questo tutti conosceranno che voi siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente”. L’amore dunque è il fondamento, la vera vita della Chiesa che, secondo sant’Ignazio di Antiochia, è “l’unità di fede e d’amore”. Il peccato è sempre assenza di amore e, perciò, separazione, isolamento, guerra di tutti contro tutti. La nuova vita dataci da Cristo e trasmessa a noi dalla Chiesa è, in primo luogo, una vita di riconciliazione, di raccolta nell’unità di quelli che erano dispersi, di ristabilimento dell’amore interrotto dal peccato.
Ma come possiamo cominciare il ritorno a Dio e la nostra riconciliazione con Lui se in noi stessi non ritorniamo all’unico nuovo comandamento dell’amore? La preghiera per i defunti è un’espressione essenziale della Chiesa in quanto amore. Preghiamo Dio di ricordare coloro che noi ricordiamo e li ricordiamo poiché li amiamo. Pregando per loro, li incontriamo in Cristo, il quale è Amore, e, in quanto tale, vince la morte, che è l’estrema vittoria sulla separazione sulla mancanza d’amore. In Cristo non c’è differenza tra vivi e morti, poiché tutti sono vivi in Lui. Egli è la Vita e la Luce per l’uomo. Amando Cristo, amiamo tutti coloro che sono in Lui; amando quanti sono in Lui, amiamo Cristo. Questa è la legge della Chiesa e l’ovvia ragione per cui essa prega per i morti. È proprio il nostro amore in Cristo che li conserva vivi, poiché li conserva in Cristo e quanto errano coloro che in Occidente o riducono la preghiera per i morti ad una dottrina giuridica di “meriti” e “compensazioni” o semplicemente la respingono in quanto è ritenuta inutile. La grande veglia per i defunti del Sabato di Carnevale è il modello per tutte le altre commemorazioni dei defunti ed è ripetuta nel secondo, terzo e quarto sabato di Quaresima.
È di nuovo l’amore che costituisce il tema della Domenica di Carnevale. L’Evangelo di questo giorno tratta del giudizio finale (Matteo 25, 31-46). Quando Cristo verrà a giudicarci, quale sarà il criterio del suo giudizio? La parabola risponde: amore, non semplice interesse per una giustizia astratta e per un “povero”anonimo, ma un amore concreto e personale per una persona, per ogni persona umana, che Dio mi fa incontrare nella mia vita. Questa distinzione è importante, poiché oggigiorno sempre più i Cristiani tendono ad identificare l’amore cristiano con interessi politici, economici e sociali; in altre parole essi scivolano dall’unica persona e dal suo unico destino personale verso identità anonime quale “classe”, “razza”, ecc... Con ciò non si può dire che i loro interessi siano sbagliati. È evidente che, nella sfera della loro vita, nelle loro responsabilità come cittadini, nelle loro professioni, i Cristiani sono chiamati a darsi cura, impegnando il meglio delle loro possibilità e della loro intelligenza, per una società giusta, eguale ed in genere più umana. Tutto ciò, certamente, deriva dal Cristianesimo e può essere ispirato dall’amore cristiano. Ma il Cristiano, in quanto tale, è alquanto differente e questa differenza deve essere compresa e mantenuta se la Chiesa vuol preservare la sua unica missione e non diventare una semplice “agenzia sociale”, il che essa non è affatto.
L’amore cristiano è “l’impossibilità possibile” di vedere Cristo in un altro uomo, chiunque esso sia, che Dio, nel suo eterno e misterioso disegno, ha deciso d’introdurre nella mia vita, sia pur soltanto per pochi momenti, non come occasione per una “buona opera” o per un esercizio di filantropia, ma come inizio di un’eterna associazione in Dio. Infatti, cos’è realmente l’amore se non quel misterioso potere che trascende ciò che è accidentale ed esterno “nell’altro” (la sua figura fisica, il livello sociale, l’origine etnica, la capacità intellettuale) e raggiungere l’anima, l’unica “radice” personale di un essere umano, in realtà la parte di Dio in lui? Se Dio ama ogni uomo, ciò avviene perché egli solo conosce il tesoro inestimabile ed assolutamente unico, “l’anima” o la “persona” che egli ha dato ad ogni uomo. L’amore cristiano è dunque la partecipazione a questa divina conoscenza ed il dono dell’amore divino. Non c’è un amore “impersonale”, poiché esso è la meravigliosa scoperta della “persona” nell’“uomo”, di ciò che è personale e unico in ciò che comune e generale. È la scoperta in ogni uomo di ciò che è “degno di essere amato” in lui, il che deriva da Dio.
A questo riguardo l’amore cristiano è alle volte l’opposto dell’“attivismo sociale”, con cui qualcuno identifica il Cristianesimo attuale. Per un “attivista sociale” l’oggetto dell’amore non è la “persona”, ma l’uomo, un’unità astratta di una non meno astratta “umanità”. Ma per il Cristianesimo l’uomo è degno di essere amato, poiché egli è una persona. Lì la persona è ridotta ad un uomo, qui l’uomo è visto solo come persona. L’“attivista sociale” non ha interesse per ciò che è personale e facilmente lo sacrifica per il “comune interesse”. Il Cristianesimo può sembrare piuttosto scettico, ed in un certo qual modo lo è, nei confronti di questa astratta umanità, ma commette un peccato mortale contro se stesso ogni volta che tralascia il suo interesse ed amore per la persona. L’attivismo sociale è sempre “futuristico” nel suo accostarsi; esso agisce sempre in nome della giustizia, dell’ordine, della felicità futura per essere compiuto. Il Cristianesimo si cura poco di questa problematica futura, ma pone l’accento su momento attuale, l’unico momento decisivo per l’amore. Questi due atteggiamenti non si escludono reciprocamente, ma non debbono essere confusi. I Cristiani, certamente, hanno delle responsabilità verso “questo mondo” e le debbono adempiere. Questa è l’area dell’“attivismo sociale”, che riguarda esclusivamente “questo mondo”. L’amore cristiano, comunque, tende al di là di “questo mondo”. Esso è un raggio, una manifestazione del Regno di Dio: esso trascende e supera tutte le limitazioni, tutte le “condizioni” di questo mondo, poiché la sua motivazione, come pure i suoi obiettivi e la sua perfezione, è in Dio. E noi sappiamo che anche in questo mondo, che pure è nel male, le uniche vittorie durature e che trasformano la realtà sono quelle dell’amore. Ricordare all’uomo questo amore personale e la vocazione di riempire il mondo peccatore con questo amore, questa è la missione della Chiesa.
La parabola del giudizio finale riguarda l’amore cristiano. Non tutti tra noi siamo chiamati a lavorare per l’“umanità”, tuttavia ognuno di noi ha ricevuto il dono e la grazia dell’amore di Cristo. Sappiamo che tutti gli uomini, in definitiva, hanno bisogno di quest’amore personale, il riconoscimento in loro della loro unica anima nella quale la bellezza di tutta la creazione è riflessa in un’unica via. Anche noi sappiamo che ci sono uomini in prigione, in preda alle malattie, ed alla sete ed alla fame, poiché questo amore personale è stato loro negato. Ed infine sappiamo che, per quanto stretto e limitato sia il quadro della nostra esistenza, ognuno di noi è stato reso responsabile da questo vero dono dell’amore di Cristo. E così saremo giudicati se abbiamo accettato o meno questa responsabilità, se abbiamo amato o rifiutato di amare. Poiché “quanto avete fatto per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, voi l’avete fatto per me...”.
la
Chiesa prendendoci per mano via via ci conduce ad entrare nella primavera dello
Spirito, cioè, la grande e santa Quaresima.
Da
domenica scorsa, con il Fariseo e il
Pubblicano, abbiamo incominciato un periodo nuovo dell’anno liturgico che
chiamiamo Triodion o pre-Quaresima; essa è composta da quattro domeniche
preparatorie con tematiche di carattere pedagogico-spirituale e in tutte e
quattro le pericopi evangeliche sono presenti i temi spirituali che ci faranno
da guida per vivere in Dio il periodo del digiuno.
Oggi,
la seconda Domenica chiamata del Figlio dissoluto, al capitolo 15 di Luca, dove
troviamo altre tre parabole, racchiuse tutte da un unico titolo: la Divina
Misericordia.
Il
messaggio o meglio l’invito pressante che la Chiesa ci offre è fare nostra
questa parola del Vangelo, cogliendo l’opportunità di ritornare a Dio con il
cuore contrito e convertire tutta la nostra vita al Vangelo: (metania),
conversione, pentimento.
In
questa parabola possiamo intravedere un unico filo conduttore che è il mistero
della conversione, il perdono senza limiti del Padre che presuppone il
pentimento, da cui scaturisce la Resurrezione di un figlio perso e ritrovato.
Se
seguiamo il metodo dei Padri: leggere la Scrittura con la Scrittura stessa, allora in questo caso il figlio dissoluto è Adamo, cioè tutti noi, il Padre è
Dio, che tramite il sacrificio dell’agnello sgozzato (il suo Figlio Unigenito)
dona la Resurrezione e il perdono a tutti noi, morti a causa del peccato.
(Il
Battesimo ci rende partecipi di questo e c’è un secondo battesimo che è la
confessione dei peccati. L’allontanamento prolungato dalla Santa Confessione e
Comunione provocano una pnevmatikì nekrosi, una morte spirituale).
Un’altra
lettura di questo brano può essere la storia di ciascuno di noi: illudendoci di
vivere lontani da Dio, ci esiliamo dalla casa del Padre perdendoci, cadendo nella
dissolutezza e nel fallimento esistenziale.
Se
alla parola Dio togliamo la prima lettera, rimane –IO, l’egoismo e la superbia
sono le radici di ogni peccato. Solo il pentimento genera il ritorno a Dio
confessando i peccati e sperimentando il perdono, la misericordia di Dio che è un
oceano sconfinato dove i peccati, previo pentimento, si dissolvono.
Passiamo
ora ad un tema che per l’Occidente è stato un tabù e che non tanto è affrontato
poiché la stragrande maggioranza, avendo come Vangelo la televisione, i
giornali, e le provocazioni del mondo odierno, pensa – forse anche in buona
fede- in modo del tutto contrario a quello che il Vangelo di Cristo ci dice e
che per ogni Cristiano deve essere la norma assoluta della vita.
Il
tema è la sessualità. Oggi l’epistola di Paolo apostolo ci dà la possibilità di
affrontare questo tema. La risposta di Paolo al problema inizia con una cosa
curiosa ma non inspiegabile ovvero: il fare del proprio ventre un idolo, cioè
la passione ricercata del mangiare con mania e non con metro, è la causa degli
impulsi disordinati della carne. Da qui nasce la passione della lussuria, della
fornicazione, della prostituzione che dai Padri e anche dall’Apostolo, non è
intesa solamente in un rapporto con una prostituta ma anche in ogni genere di
uso degli organi genitali spinti dall’istinto al di fuori dello scopo e della
volontà di Dio che è la creazione della famiglia (il sacramento del
matrimonio).
Dice
san Nicodemo l’Aghiorita: “Il corpo del cristiano è stato plasmato non per
cadere attraverso il cibo nella lussuria, ma è stato plasmato per unirsi con il
Signore che è il suo capo, la sua testa”.
Il
digiuno, elemento caratterizzante l’ascetica ortodossa ha precisamente questo
scopo: di tenere a freno il corpo, e di rifuggire dalla idolatria del ventre
così da non sottomettersi alle passioni della carne le quali come principale
causa hanno la bella e dolce vita.
Quanti
di noi non vedono il proprio corpo come organo di piacere? Che cosa
risponderemo noi ai temi dei rapporti sessuali fuori dal matrimonio tra
adolescenti, tra adulti, tra omosessuali, all’autoerotismo, all’uso del
preservativo? Di fronte a questi temi sono sicuro che la logica prevalente è la
logica mondana, ma non la logica del Vangelo. Forse il Signore Gesù ci ha detto
cose che sono impraticabili? Forse il Vangelo è fuori moda? No, carissimi, il
problema è il nostro egoismo, e la nostra superbia!
La
risposta ce la da san Paolo: il corpo è stato creato da Dio, non per la
dissolutezza ma insieme con l’anima è destinato alla divinizzazione. Ecco
perché tutti i peccati carnali fanno uscire fuori strada dallo scopo di
eternità.
Ancora,
i nostri corpi con il Battesimo diventano membra di Cristo: Io non appartengo
più a me stesso, ma tutto quello che il mio corpo usa, lo fa usando le membra
di Cristo stesso. Lo abbiamo sentito da san Paolo: “Se io mi unisco con una
prostituta, formo con lei un corpo solo”. C’è qualcosa di più abominevole e
terribile di questo? Posso fare delle membra di Cristo, membra di una
prostituta? Intendiamoci bene, la Chiesa condanna il peccato in sé, ma usa
misericordia verso il peccatore. Sia ben chiaro che tutto il disordine sessuale
è peccato mortale perché non infetta soltanto il corpo ma anche l’anima e tutto
questo provoca un suicidio spirituale.
Carissimi,
forse
è incomprensibile o meglio è da pazzi per Cristo ragionare in questo modo ma
soltanto se uno vive la sua vita in Cristo e si sforza nel combattimento
spirituale all’interno della Chiesa, non da solo ma facendo obbedienza al
proprio padre spirituale, capirà che vivere in Cristo significa preghiera,
esercizio, combattimento, continenza, digiuno e attraverso questi mezzi
possiamo capire lo scopo della nostra vita cioè la santificazione del nostro
corpo e della nostra anima.