lunedì 25 marzo 2013

Momenti di vita liturgica (foto)

Condividiamo con tutti i nostri amici e frequentatori del blog le foto dei momenti forti che le nostre comunità di Brindisi e Lecce hanno vissuto in questa prima settimana della Santa e Grande Quaresima. (Prima stazione dell'Inno Akathistos-Divina Liturgia sull'altare che custodisce il corpo di san Teodoro di Tiro- Domenica dell'Ortodossia- Festa dell'Annunciazione)


Venerdi 22 Marzo 2013
Prima stazione dell'Inno Akathistos
Brindisi





Sabato 23 Marzo 2013 (Primo sabato di Quaresima)
Duomo di Brindisi
Divina Liturgia sull'altare che custodisce il corpo di san Teodoro di Tiro
nel giorno della commemorazione -secondo il calendario della Chiesa Ortodossa- del miracolo delle kollive operato da san Teodoro di Tiro il primo sabato di Quaresima.








24 Marzo 2013
Domenica dell'Ortodossia con la comunità di Lecce 







25 Marzo 2013
Festa dell'Annunciazione a Brindisi

Orthros-Mattutino
Doxologia







giovedì 21 marzo 2013

10 utili consigli quaresimali




"Digiuni? Dimostramelo con le opere! Se vedi un povero uomo, abbi compassione di lui. Se vedi un amico che viene elogiato, non essere invidioso di lui. Non lasciar digiunare solo la tua bocca ma anche il tuo occhio, il tuo orecchio, il tuo piede, le tue mani e tutte le membra del nostro corpo. Fa' digiunare le mani liberandoti dall'avarizia. Fa' digiunare il piede dallo smettere di correre dopo aver peccato. Fa' digiunare gli occhi educandoli a non guardare ciò che è peccaminoso. Fa' digiunare l'orecchio non ascoltando discorsi malvagi e pettegolezzi. Fa' digiunare la bocca dalle parole oscene e dal giudizio ingiusto. Che bene c'è se ci asteniamo dalla carne e dal pesce, ma poi mordiamo e divoriamo i nostri fratelli e le nostre sorelle?!"  
(San Giovanni Crisostomo)

10 utili consigli Quaresimali

1. A prescindere da come digiuni, digiuna ogni singolo giorno. Questo tipo di digiuno aiuta a estinguere le passioni e a edificare la tua resistenza spirituale.

2. Conosci  precisamente quali siano le regole del digiuno e cerca di osservarle al meglio delle tue capacità. Ogni Quaresima, cerca di essere più rigido e umile.

3. Particolari preoccupazioni riguardo al digiuno? Età, problemi di salute, mai digiunato prima d'ora, matrimonio misto? Parlane con il tuo sacerdote.

4. Assicurati di recitare la preghiera quaresimale di sant'Efrem.
Se non puoi fare le prostrazioni (grandi metanie) fa' solo inchini o il segno della croce.

5. Il sabato e la domenica, non facciamo le prostrazioni (le grandi metanie) e il nostro digiuno è leggermente meno rigoroso poiché il Sabato e la Domenica sono giorni festivi.

6. I servizi quaresimali sono celebrati solamente durante la settimana- sforzati di partecipare il più possibile a queste ufficiature e lo spirito quaresimale ti contagerà.

7. Sport e attività all'aperto non sono contrari allo spirito quaresimale.

8. Sforzatevi di evitare di andare al cinema, feste, vacanze, ed altri intrattenimenti. Questo lo facciamo in modo tale da avere più tempo da dedicare alle cose spirituali.

9. La Confessione e la Santa Comunione sono fondamentali per garantire i benefici della Quaresima. Dovremmo assolutamente ricevere i sacramenti durante il periodo della Grande Quaresima.

10. Sii consapevole di quello che guardi o di quanto tempo trascorri dinanzi alla televisione o al computer. Alcuni rinunciano alla tv per tutta la Quaresima, altri limitano rigorosamente il loro tempo e guardano solo programmi educativi e telegiornali. Navigare sul web? Visita siti spirituali ortodossi!


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mercoledì 20 marzo 2013

Quando Sant'Irene era la patrona di Lecce...


Dal Sinassario ufficiale della Chiesa Ortodossa
Il 5 del mese di Maggio, celebriamo la memoria della santa e grande martire IRENE

 Al tempo di san Costantino il Grande, il re Licinio della provincia di Magedone (Persia) aveva una bellissima figlia chiamata Penelope.  Per proteggerla da tutte le corruzioni del mondo esterno, all'età di sei anni la rinchiuse in una torre alta e inaccessibile nella quale aveva ogni genere di comodità. Era servita a tavola da tredici inservienti ed era istruita da un saggio anziano di nome Apelliano. Un giorno, la bambina vide entrare nella torre una colomba che portava nel suo becco un ramoscello d'ulivo che posò su un tavolo d'oro. Poi venne un'aquila che aveva nei suoi artigli una corona di fiori che posò nello stesso posto. Infine, arrivò un corvo che portava un serpente e lo pose sempre lì. Quando Penelope chiese al suo maestro il significato di queste cose, egli spiegò che essa doveva ricevere il Battesimo, simboleggiato dal ramoscello d'ulivo, e che, dopo aver affrontato prove e tribolazioni, avrebbe indossato la corona regale del martirio.
Sant’Irene protettrice di Lecce, frontespizio del Breviarium Liciense (1507 o 1527)
Subito dopo questa visione, un angelo venne a educarla nella Fede Cristiana e le diede il nome di Irene (Pace). Dopo essere stata battezzata, Irene buttò gli idoli del padre e affrontò le sue minacce con risolutezza virile. Licinio la gettò furiosamente in mezzo ai cani selvatici, ma uno di loro si rivoltò contro il re e lo schiacciò. Riportato in vita grazie alle preghiere della figlia, Licinio si convertì insieme a un gran numero di suoi sudditi; e dopo aver abdicato si ritirò nella torre, dove trascorse il resto dei suoi giorni in lacrime di pentimento.
Sedecia, il suo successore al trono, cercò di riportare la principessa all'idolatria e, di fronte al suo rifiuto ostinato, la gettò in una fossa piena di serpenti velenosi. Con la potenza di Dio, Irene si salvò da questa prova così come dalle altre che le furono inflitte, e convertì molti pagani alla vera Fede.  
Quando Sedecia fu detronizzato dai suoi nemici, suo figlio Savoro andò in guerra per vendicarlo. Irene andò nella città natale di Magedone per incontrare Savoro e il suo esercito, e chiedergli di mettere fine alle persecuzioni. Il re si rifiutò, così, insieme al suo esercito fu colpito dalla cecità, ma per le preghiere della santa riottennero tutti la vista. Ciò nonostante, Savoro si rifiutò di riconoscere il potere di Dio ed espose la santa ad altre torture; per questa sua insolenza fu colpito e ucciso da un fulmine.
Liberata, così, dal re, Irene attraversò tutta la città proclamando la Buona Novella, e conducendo a Cristo la maggioranza degli abitanti. Si recò, poi, nella città di Calliniko, dove, avendo trionfato sulle torture che le furono inflitte, condusse alla Fede tutti gli abitanti incluso il prefetto incaricato dal re di torturarla. La fama della santa raggiunse il re Sapore II di Persia che la convocò e la decapitò. Un angelo, però, la riportò in vita cosicché potesse continuare la sua missione. Andò quindi nella città di Mesembria, recando in mano un ramoscello d'ulivo come simbolo di vittoria della Fede sopra tutti i poteri della morte. Dopo aver battezzato il re della regione e i suoi sudditi, ritornò nella sua madrepatria e poi andò a Efeso, dove, per confermare la sua predicazione operò molti miracoli, simili a quelli degli Apostoli. Avendo completato la sua opera missionaria, sant'Irene prese con sé il suo maestro Apelliano e sei discepoli; e andando in una tomba appena costruita, ordinò loro di chiuderla dentro e di ritornare dopo quattro giorni. Due giorni più tardi, Apelliano ritornò alla tomba, tolse via la pietra e trovò la tomba vuota. Dio aveva glorificato la sua serva che lo aveva amato e aveva dedicato tutta la sua vita nel servirlo. Sebbene molti di questi miracoli possano sembrare irreali, nulla è impossibile a Dio. Sant'Irene, attraverso la sua predicazione e il suo esempio, condusse migliaia di persone a Cristo. La Chiesa continua a onorare la sua memoria e a invocare la sua celeste intercessione.
Inoltre, sant'Irene fu una delle dodici sante vergini che apparvero a san Serafino Sarov nel 1831 nel giorno della festa dell'Annunciazione.

Per le sue preghiere, Signore Gesù Cristo Dio nostro, abbi misericordia di noi e salvaci. Amin
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 LECCE E SANT'IRENE 
Sant'Irene fu protettrice della città fino al 1656, anno in cui fu proclamato patrono della città: sant'Oronzo vescovo. Tuttavia, rimangono in città numerose testimonianze, piccole e grandi, di questa antichissima devozione, oggi, purtroppo, quasi del tutto dimenticata. Una di esse è la chiesa a Lei intitolata, nel cuore della città di Lecce, risalente ai secoli XVI-XVII. Come è visibile dalla fotografia, sulla trabeazione è scolpita la dedica in latino: IRENE VIRGINI ET MARTIRI (Alla vergine e martire Irene) e più sotto LVPIENSIVM PATRONAE (Alla patrona dei Leccesi). La nostra comunità Ortodossa di Lecce del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, (in via Ascanio Grandi 3 nei pressi di piazzetta santa Chiara) continua a venerare la Santa come protettrice di Lecce. 







Sant'Irene

Quando Sant'Irene era la "prima donna" di Lecce (video)







domenica 17 marzo 2013

Omelia del nostro parroco nella Domenica dei Latticini


02 Marzo 2014
Domenica dei Latticini
Ricordiamo la cacciata e l’esilio di Adamo dal Paradiso.


Questa domenica concludiamo la prima parte del Triodion, per entrare - da domani- nella Grande e Santa Quaresima: “lo stadio delle virtù è aperto, chi vuole entri, e lotti secondo le regole e riceverà dal Cristo il premio della vittoria.
Abbiamo incominciato con la domenica del Fariseo e del Pubblicano, dove la Chiesa ci ha insegnato la virtù dell’umiltà, come presupposto indispensabile per la metania-conversione di vita al Vangelo. 
In seguito, con la domenica del figlio dissoluto, Essa ci ha assicurati che la salvezza è possibile quando c’è sincera metania; infine, domenica scorsa con il Giudizio universale del Signore, ancora più insistente è diventato l’invito alla metania e al ritorno a Dio per arrivare a oggi, dove la Chiesa ci ricorda un fatto serio e tragico che diventa la causa della venuta di Cristo nel mondo cioè la cacciata dell’uomo dal Paradiso.
L’uomo contemporaneo quando sente ciò, lo considera come una barzelletta; è assodato che ciò che dice la Sacra Scrittura è verità di fede. La cacciata dal Paradiso rappresenta il fatto tragico e terribile della morte dell’uomo causata dalla separazione da Dio per mezzo del peccato. Ancora più tragico è che, nonostante Dio avesse dato all’uomo nel Paradiso la possibilità della metania, l’uomo non ha voluto accettare la sua caduta ma ha trasmesso la sua responsabilità alla donna che a sua volta ha incolpato il serpente.
Il più grande e terribile peccato di Adamo di allora e dell’uomo odierno è la ametania, il non volere riconoscere il proprio peccato e il non voler convertirsi.
La scienza odierna urla e si dimena nel volerci convincere che l’uomo provenga dalla scimmia con l’unico scopo di voler dubitare e annullare la nostra creazione divina. Volete una prova che dimostri la nostra caduta, cioè il nostro peccato? Chiedete a un bambino: “perché hai fatto questo?”, ed egli risponderà: “non l’ho fatto io, l’ha fatto lui!”. Anche noi, quando ci si rimprovera qualcosa, per istinto ci giustifichiamo e incolpiamo agli altri.
Questo comportamento di scaricare la nostra responsabilità agli altri, non dimostra la nostra origine dai progenitori e quindi la verità del racconto sacro?!
Senza il riconoscere con sincerità il nostro peccato, e con sincerità ritornare a Dio, l’uomo non raggiunge la sua santificazione e la sua unione con Dio nella persona di Gesù Cristo, il suo vero Figlio. 
Per questo, il periodo della Grande Quaresima è il periodo in cui il Cristo ci afferra per mano lungo la strada della conversione e della nostra completa consacrazione a Dio.
Oggi, purtroppo, costatiamo con tristezza che, quando si parla di Quaresima, essa rimane purtroppo solo un nome senza contenuto. 
La parola del Vangelo e la parola autorevole dell’Apostolo Paolo insistono su due punti fondamentali i quali dovrebbero aiutarci a vivere da Cristiani questo lungo viaggio di purificazione del cuore e del corpo attraverso la preghiera personale ed ecclesiale accompagnata dal digiuno. I due punti sono: il perdono e il digiuno.
Lo dice Gesù stesso, non sono fantasie o fissazioni o estremismi monastici ma è il Vangelo che fa da norma assoluta alla nostra vita. Non possiamo vivere la Grande Quaresima se non perdoniamo di cuore il nostro fratello. Il perdono e la misericordia sono le virtù che ci rendono simili a Dio. Il nostro digiuno risulta essere ipocrita e falso se non ci sono in noi il perdono e la misericordia che infiammano il nostro cuore. Il vespro di questa sera, con cui si da inizio alla Grande Quaresima, prende il nome di “Vespro del perdono o dell’amore”.
Quale digiuno è accetto a Dio? Certamente non è concepibile dichiararsi Cristiani Ortodossi e non osservare il digiuno che la Chiesa, cioè Cristo, ci dice di praticare.  Sicuramente staremo lì a giustificarci e a trovare tante scuse, ma questo è segno di egoismo e superbia nascosta). Nell’Ortodossia non esiste il “fai da te”. 
Il digiuno dai cibi deve essere accompagnato dalla preghiera, dall’elemosina verso i bisognosi, non lasciamoci imprigionare dall’egoismo perché molte volte sento: “Io mi faccio i fatti miei”, questo può essere positivo ma può essere un peccato mortale quando io chiudo il mio cuore al fratello che mi chiede il suo aiuto. Il digiuno gradito a Dio è il digiuno dalla bocca, dagli occhi (dalla televisione e da immagini sconce), dalle orecchie, in definitiva è digiunare dal peccato e dalle passioni. Leggiamo il Vangelo nelle nostre case? Lo conosciamo?
“Non seguite la carne nei suoi desideri” cioè non seguite i moti disordinati del corpo perché il nostro corpo è tempio di Dio e le nostre membra sono membra di Cristo.
Il giorno della salvezza è alle porte! Non lasciamoci prendere dal sonno e dall’indolenza ma entriamo nello stadio delle lotte e cerchiamo di deporre il vecchio uomo corrotto dal peccato e di rivestire il nuovo uomo, il Cristo risorto, luce del mondo.

AVVISI

Il programma quaresimale lo avete già tra le vostre mani, ogni mattina (07. 15) c’è la preghiera in chiesa, ogni sera alle 18.30 il Grande Apodhipnon, il venerdì l’Akathistos e il Sabato 8 alle ore 9.30 incomincia la Santa Liturgia nella Cattedrale di Brindisi sulla tomba di san Teodoro di Tiro con la benedizione delle Kolive in onore del Santo. Inoltre i Sabati alle 18.30, il vespro che ci prepara alla Domenica. 
Solo con 40 di febbre siamo giustificati dal non venire in chiesa la domenica; tuttavia noto, con grande dispiacere, che a ogni occasione buona tralasciamo il venire in chiesa e andiamo a divertirci. 
Sappiate che questo è un peccato mortale perché disubbidiamo a un comandamento divino dove il Signore ci chiede per Suo amore di consacrare il settimo giorno o l’ottavo giorno solo per Lui: "sei giorni lavorerai ma il settimo giorno è sacro". 
Come il Signore si è riposato, così tu devi riposare per ringraziarlo.
Anche il non digiunare come fatto sistematico e volontario è un peccato, perché disubbidiamo ad un comandamento divino.



lunedì 11 marzo 2013

Omelia Domenica del Giudizio e Sabato delle Anime (FOTO & VIDEO)


10 Marzo 2013
Domenica di Carnevale: 3^ del Triodio
(Incomincia il digiuno dalla carne)


“E di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti…”
Oggi la Chiesa festeggia la memoria della seconda Parousia (venuta) gloriosa e tremenda del Signore Risorto. Abbiamo considerato la virtù dell’umiltà contro il fariseismo, cioè auto-gloriarsi e auto-vantarsi della pratica davanti a Dio e disprezzare il prossimo. Domenica scorsa, abbiamo contemplato il mistero della misericordia divina e nello stesso tempo l’invito all’uomo peccatore di ritornare a Dio attraverso la conversione, cioè la metania. Il peccato conseguenza del nostro egoismo e della nostra superbia ci fa nemici di Dio, il pentimento e l’accusa del peccato riversa su di noi la misericordia e il perdono. Il Padre misericordioso è comunque un oceano infinito di amore verso i suoi figli.
Oggi con la parabola del Giudizio, la Chiesa vuole scuotere l’uomo dalla sua pigrizia e dal suo torpore spirituale facendogli capire che Dio è sì misericordioso, ma è anche giusto Giudice e quindi l’uomo, figlio di Dio, non può rimandare all’infinito la sua conversione, la sua confessione di peccatore, perché la morte sopraggiunge come un ladro.
Al pensiero di morire, cosa faccio io? C’è in me la volontà seria di cambiare vita secondo il Vangelo? Come mi presenterò al Giudice? Fino a che sono vivo, ho tempo di convertirmi ma una volta che muoio, non c’è più alcuna speranza di essere posto alla destra tra i salvati!
La vita dono di Dio va vissuta in sintonia con il Vangelo, preparandoci per accogliere la Sorella morte. Ci attende un giudizio e questo giudizio di vita o di condanna è sempre un giudizio salvifico.
Il metro con cui il Signore ci giudicherà è l’amore, l’amore è il compimento di tutta la Legge: “Ama Dio e ama il tuo prossimo”. Qual è lo specifico dell’amore cristiano?, è forse una preoccupazione sociale?, è forse un fare del bene ad anonimi? Niente di tutto questo!
Il Signore Gesù non è un operatore sociale né tantomeno un fondatore di religione ma il Signore Gesù ci ha rivelato sulla croce il grande insegnamento dell’Amore: “Dare la vita per l’altro”.
In questo caso non è una morte di un qualsiasi uomo che si sacrifica per l’altro ma è il sacrificio del Figlio di Dio che da la vita per il mondo intero. Se il Signore Gesù non è un operatore sociale, tantomeno la sua Chiesa non è un’agenzia a sfondo sociale e umanitaria. Allora qual è lo specifico dell’Amore cristiano?
È la possibile impossibilità di vedere il Cristo in ogni uomo di qualsiasi razza e di qualsiasi religione! Capite bene che questo da una svolta sostanziale alla pratica dell’amore. Oggi sentiamo dire che basta fare del bene e poi nient’altro importa. Questo tipo di discorso è fasullo e diabolico. L’Amore cristiano non è occasionale, non è una buona azione, ma è dar da bere, vestire, dar da mangiare, visitare gli ammalati, visitare i carcerati perché in quelle persone c’è Cristo. L’Amore cristiano va aldilà di questo mondo. Il mio prossimo, il mio fratello diventa il criterio inequivocabile, già da questa vita, della mia salvezza o della mia dannazione perché se io dico di amare Dio che non vedo, e poi non amo il mio fratello che vedo, risulto essere un bugiardo, perché l’amore verso Dio passa attraverso il mio prossimo.
Il pensiero della morte, del giudizio, della salvezza o non salvezza ci devono spronare a ravvederci a intraprendere la via dell’autocritica, invece di giudicare e di rivolgere il dito sempre verso l’altro e non verso se stessi.


Qui sotto trovate le foto e i filmati della 

Commemorazione di tutti i Cristiani Ortodossi addormentati dall'inizio del mondo, dei nostri padri e dei nostri fratelli.

nelle nostre comunità di Lecce, Brindisi e Ostuni.

In fondo alla pagina proponiamo una riflessione del presbitero Alexander Schmemann  sul significato della Commemorazione di questo giorno. 

LECCE




 OSTUNI





BRINDISI





Tratto da: Alexander Schmemann
Quaresima: In cammino verso la Pasqua 

TRIODION – PREPARAZIONE ALLA QUARESIMA
4. IL GIUDIZIO FINALE
Domenica di Carnevale

            La domenica successiva è chiamata di “Carnevale”, poiché durante la settimana successiva è prescritto dalla Chiesa un limitato digiuno, l’astensione dalle carni. Questa prescrizione è da intendersi alla luce di ciò che è stato detto a proposito del significato di preparazione. La Chiesa comincia ora ad “adattarci” al grande sforzo che essa aspetta da noi tra una settimana. Essa gradualmente ci porta a conoscere lo sforzo-conoscenza della nostra fragilità, prevedendo la nostra debolezza spirituale. Alla Vigilia di questo giorno (Sabato di Carnevale), la Chiesa ci invita ad un’universale commemorazione di quanti si sono addormentati nella speranza della resurrezione e della vita eterna. Questo è il grande giorno di preghiera per i suoi membri deceduti. Per comprendere la connessione tra la Quaresima e la preghiera per tutti i defunti, bisogna ricordare che la fede Cristiana è la religione dell’amore. Cristo ha lasciato ai suoi discepoli non una dottrina di salvezza individuale, ma un nuovo comandamento, “di amarsi l’un l’altro”, ed aggiunse: “Da questo tutti conosceranno che voi siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente”. L’amore dunque è il fondamento, la vera vita della Chiesa che, secondo sant’Ignazio di Antiochia, è “l’unità di fede e d’amore”. Il peccato è sempre assenza di amore e, perciò, separazione, isolamento, guerra di tutti contro tutti. La nuova vita dataci da Cristo e trasmessa a noi dalla Chiesa è, in primo luogo, una vita di riconciliazione, di raccolta nell’unità di quelli che erano dispersi, di ristabilimento dell’amore interrotto dal peccato.
         Ma come possiamo cominciare il ritorno a Dio e la nostra riconciliazione con Lui se in noi stessi non ritorniamo all’unico nuovo comandamento dell’amore? La preghiera per i defunti è un’espressione essenziale della Chiesa in quanto amore. Preghiamo Dio di ricordare coloro che noi ricordiamo e li ricordiamo poiché li amiamo. Pregando per loro, li incontriamo in Cristo, il quale è Amore, e, in quanto tale, vince la morte, che è l’estrema vittoria sulla separazione sulla mancanza d’amore. In Cristo non c’è differenza tra vivi e morti, poiché tutti sono vivi in Lui. Egli è la Vita e la Luce per l’uomo. Amando Cristo, amiamo tutti coloro che sono in Lui; amando quanti sono in Lui, amiamo Cristo. Questa è la legge della Chiesa e l’ovvia ragione per cui essa prega per i morti. È proprio il nostro amore in Cristo che li conserva vivi, poiché li conserva in Cristo e quanto errano coloro che in Occidente o riducono la preghiera per i morti ad una dottrina giuridica di “meriti” e “compensazioni” o semplicemente la respingono in quanto è ritenuta inutile. La grande veglia per i defunti del Sabato di Carnevale è il modello per tutte le altre commemorazioni dei defunti ed è ripetuta nel secondo, terzo e quarto sabato di Quaresima.
         È di nuovo l’amore che costituisce il tema della Domenica di Carnevale. L’Evangelo di questo giorno tratta del giudizio finale (Matteo 25, 31-46). Quando Cristo verrà a giudicarci, quale sarà il criterio del suo giudizio? La parabola risponde: amore, non semplice interesse per una giustizia astratta e per un “povero”anonimo, ma un amore concreto e personale per una persona, per ogni persona umana, che Dio mi fa incontrare nella mia vita. Questa distinzione è importante, poiché oggigiorno sempre più i Cristiani tendono ad identificare l’amore cristiano con interessi politici, economici e sociali; in altre parole essi scivolano dall’unica persona e dal suo unico destino personale verso identità anonime quale “classe”, “razza”, ecc... Con ciò non si può dire che i loro interessi siano sbagliati. È evidente che, nella sfera della loro vita, nelle loro responsabilità come cittadini, nelle loro professioni, i Cristiani sono chiamati a darsi cura, impegnando il meglio delle loro possibilità e della loro intelligenza, per una società giusta, eguale ed in genere più umana. Tutto ciò, certamente, deriva dal Cristianesimo e può essere ispirato dall’amore cristiano. Ma il Cristiano, in quanto tale, è alquanto differente e questa differenza deve essere compresa e mantenuta se la Chiesa vuol preservare la sua unica missione e non diventare una semplice “agenzia sociale”, il che essa non è affatto.
         L’amore cristiano è “l’impossibilità possibile” di vedere Cristo in un altro uomo, chiunque esso sia, che Dio, nel suo eterno e misterioso disegno, ha deciso d’introdurre nella mia vita, sia pur soltanto per pochi momenti, non come occasione per una “buona opera” o per un esercizio di filantropia, ma come inizio di un’eterna associazione in Dio. Infatti, cos’è realmente l’amore se non quel misterioso potere che trascende ciò che è accidentale ed esterno “nell’altro” (la sua figura fisica, il livello sociale, l’origine etnica, la capacità intellettuale) e raggiungere l’anima, l’unica “radice” personale di un essere umano, in realtà la parte di Dio in lui? Se Dio ama ogni uomo, ciò avviene perché egli solo conosce il tesoro inestimabile ed assolutamente unico, “l’anima” o la “persona” che egli ha dato ad ogni uomo. L’amore cristiano è dunque la partecipazione a questa divina conoscenza ed il dono dell’amore divino. Non c’è un amore “impersonale”, poiché esso è la meravigliosa scoperta della “persona” nell’“uomo”, di ciò che è personale e unico in ciò che comune e generale. È la scoperta in ogni uomo di ciò che è “degno di essere amato” in lui, il che deriva da Dio.
         A questo riguardo l’amore cristiano è alle volte l’opposto dell’“attivismo sociale”, con cui qualcuno identifica il Cristianesimo attuale. Per un “attivista sociale” l’oggetto dell’amore non è la “persona”, ma l’uomo, un’unità astratta di una non meno astratta “umanità”. Ma per il Cristianesimo l’uomo è degno di essere amato, poiché egli è una persona. Lì la persona è ridotta ad un uomo, qui l’uomo è visto solo come persona. L’“attivista sociale” non ha interesse per ciò che è personale e facilmente lo sacrifica per il “comune interesse”. Il Cristianesimo può sembrare piuttosto scettico, ed in un certo qual modo lo è, nei confronti di questa astratta umanità, ma commette un peccato mortale contro se stesso ogni volta che tralascia il suo interesse ed amore per la persona. L’attivismo sociale è sempre “futuristico” nel suo accostarsi; esso agisce sempre in nome della giustizia, dell’ordine, della felicità futura per essere compiuto. Il Cristianesimo si cura poco di questa problematica futura, ma pone l’accento su momento attuale, l’unico momento decisivo per l’amore. Questi due atteggiamenti non si escludono reciprocamente, ma non debbono essere confusi. I Cristiani, certamente, hanno delle responsabilità verso “questo mondo” e le debbono adempiere. Questa è l’area dell’“attivismo sociale”, che riguarda esclusivamente “questo mondo”. L’amore cristiano, comunque, tende al di là di “questo mondo”. Esso è un raggio, una manifestazione del Regno di Dio: esso trascende e supera tutte le limitazioni, tutte le “condizioni” di questo mondo, poiché la sua motivazione, come pure i suoi obiettivi e la sua  perfezione, è in Dio. E noi sappiamo che anche in questo mondo, che pure è nel male, le uniche vittorie durature e che trasformano la realtà sono quelle dell’amore. Ricordare all’uomo questo amore personale e la vocazione di riempire il mondo peccatore con questo amore, questa è la missione della Chiesa.
         La parabola del giudizio finale riguarda l’amore cristiano. Non tutti tra noi siamo chiamati a lavorare per l’“umanità”, tuttavia ognuno di noi ha ricevuto il dono e la grazia dell’amore di Cristo. Sappiamo che tutti gli uomini, in definitiva, hanno bisogno di quest’amore personale, il riconoscimento in loro della loro unica anima nella quale la bellezza di tutta la creazione è riflessa in un’unica via. Anche noi sappiamo che ci sono uomini in prigione, in preda alle malattie, ed alla sete ed alla fame, poiché questo amore personale è stato loro negato. Ed infine sappiamo che, per quanto stretto e limitato sia il quadro della nostra esistenza, ognuno di noi è stato reso responsabile da questo vero dono dell’amore di Cristo. E così saremo giudicati se abbiamo accettato o meno questa responsabilità, se abbiamo amato o rifiutato di amare. Poiché “quanto avete fatto per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, voi l’avete fatto per me...”.



lunedì 4 marzo 2013

Omelia del nostro parroco nella Domenica del Figlio dissoluto (Triodion)


03 Marzo 2013
Domenica del Figlio dissoluto


Carissimi fedeli,
la Chiesa prendendoci per mano via via ci conduce ad entrare nella primavera dello Spirito, cioè, la grande e santa Quaresima.
Da domenica  scorsa, con il Fariseo e il Pubblicano, abbiamo incominciato un periodo nuovo dell’anno liturgico che chiamiamo Triodion o pre-Quaresima; essa è composta da quattro domeniche preparatorie con tematiche di carattere pedagogico-spirituale e in tutte e quattro le pericopi evangeliche sono presenti i temi spirituali che ci faranno da guida per vivere in Dio il periodo del digiuno.

Oggi, la seconda Domenica chiamata del Figlio dissoluto, al capitolo 15 di Luca, dove troviamo altre tre parabole, racchiuse tutte da un unico titolo: la Divina Misericordia.

Il messaggio o meglio l’invito pressante che la Chiesa ci offre è fare nostra questa parola del Vangelo, cogliendo l’opportunità di ritornare a Dio con il cuore contrito e convertire tutta la nostra vita al Vangelo: (metania), conversione, pentimento.

In questa parabola possiamo intravedere un unico filo conduttore che è il mistero della conversione, il perdono senza limiti del Padre che presuppone il pentimento, da cui scaturisce la Resurrezione di un figlio perso e ritrovato.

Se seguiamo il metodo dei Padri: leggere la Scrittura con la Scrittura stessa, allora in questo caso il figlio dissoluto è Adamo, cioè tutti noi, il Padre è Dio, che tramite il sacrificio dell’agnello sgozzato (il suo Figlio Unigenito) dona la Resurrezione e il perdono a tutti noi, morti a causa del peccato.
(Il Battesimo ci rende partecipi di questo e c’è un secondo battesimo che è la confessione dei peccati. L’allontanamento prolungato dalla Santa Confessione e Comunione provocano una pnevmatikì nekrosi, una morte spirituale).

Un’altra lettura di questo brano può essere la storia di ciascuno di noi: illudendoci di vivere lontani da Dio, ci esiliamo dalla casa del Padre perdendoci, cadendo nella dissolutezza e nel fallimento esistenziale.

Se alla parola Dio togliamo la prima lettera, rimane –IO, l’egoismo e la superbia sono le radici di ogni peccato. Solo il pentimento genera il ritorno a Dio confessando i peccati e sperimentando il perdono, la misericordia di Dio che è un oceano sconfinato dove i peccati, previo pentimento, si dissolvono.

Passiamo ora ad un tema che per l’Occidente è stato un tabù e che non tanto è affrontato poiché la stragrande maggioranza, avendo come Vangelo la televisione, i giornali, e le provocazioni del mondo odierno, pensa – forse anche in buona fede- in modo del tutto contrario a quello che il Vangelo di Cristo ci dice e che per ogni Cristiano deve essere la norma assoluta della vita.

Il tema è la sessualità. Oggi l’epistola di Paolo apostolo ci dà la possibilità di affrontare questo tema. La risposta di Paolo al problema inizia con una cosa curiosa ma non inspiegabile ovvero: il fare del proprio ventre un idolo, cioè la passione ricercata del mangiare con mania e non con metro, è la causa degli impulsi disordinati della carne. Da qui nasce la passione della lussuria, della fornicazione, della prostituzione che dai Padri e anche dall’Apostolo, non è intesa solamente in un rapporto con una prostituta ma anche in ogni genere di uso degli organi genitali spinti dall’istinto al di fuori dello scopo e della volontà di Dio che è la creazione della famiglia (il sacramento del matrimonio).

Dice san Nicodemo l’Aghiorita: “Il corpo del cristiano è stato plasmato non per cadere attraverso il cibo nella lussuria, ma è stato plasmato per unirsi con il Signore che è il suo capo, la sua testa”.

Il digiuno, elemento caratterizzante l’ascetica ortodossa ha precisamente questo scopo: di tenere a freno il corpo, e di rifuggire dalla idolatria del ventre così da non sottomettersi alle passioni della carne le quali come principale causa hanno la bella e dolce vita.

Quanti di noi non vedono il proprio corpo come organo di piacere? Che cosa risponderemo noi ai temi dei rapporti sessuali fuori dal matrimonio tra adolescenti, tra adulti, tra omosessuali, all’autoerotismo, all’uso del preservativo? Di fronte a questi temi sono sicuro che la logica prevalente è la logica mondana, ma non la logica del Vangelo. Forse il Signore Gesù ci ha detto cose che sono impraticabili? Forse il Vangelo è fuori moda? No, carissimi, il problema è il nostro egoismo, e la nostra superbia!

La risposta ce la da san Paolo: il corpo è stato creato da Dio, non per la dissolutezza ma insieme con l’anima è destinato alla divinizzazione. Ecco perché tutti i peccati carnali fanno uscire fuori strada dallo scopo di eternità.

Ancora, i nostri corpi con il Battesimo diventano membra di Cristo: Io non appartengo più a me stesso, ma tutto quello che il mio corpo usa, lo fa usando le membra di Cristo stesso. Lo abbiamo sentito da san Paolo: “Se io mi unisco con una prostituta, formo con lei un corpo solo”. C’è qualcosa di più abominevole e terribile di questo? Posso fare delle membra di Cristo, membra di una prostituta? Intendiamoci bene, la Chiesa condanna il peccato in sé, ma usa misericordia verso il peccatore. Sia ben chiaro che tutto il disordine sessuale è peccato mortale perché non infetta soltanto il corpo ma anche l’anima e tutto questo provoca un suicidio spirituale.

Carissimi,
forse è incomprensibile o meglio è da pazzi per Cristo ragionare in questo modo ma soltanto se uno vive la sua vita in Cristo e si sforza nel combattimento spirituale all’interno della Chiesa, non da solo ma facendo obbedienza al proprio padre spirituale, capirà che vivere in Cristo significa preghiera, esercizio, combattimento, continenza, digiuno e attraverso questi mezzi possiamo capire lo scopo della nostra vita cioè la santificazione del nostro corpo e della nostra anima.




P. Arsenios