martedì 22 luglio 2014

Una malattia spirituale: la filaftia (sintomi e cura)

Una malattia spirituale: la filaftia (sintomi e cura)




Cosa è la filaftia?

La filaftia o filautia (dal greco: amore per se stessi), è considerata da molti Padri l'origine di tutti i mali dell'anima, la madre delle passioni e in primo luogo delle passioni generiche dalle quali derivano tutte le altre: gastrimargia (ricerca del piacere di mangiare), filargiria (l'amore per il denaro), cenodossia (vanagloria), lussuria. 

La filaftia sana

Secondo san Massimo il Confessore, vi è una forma di filaftia virtuosa, che appartiene alla natura dell'uomo, raccomandata da Cristo nell'ambito del primo comandamento: "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (Mt 19, 19; 22,39; Lc 10, 27); consiste nel'amare se stessi come creature ad immagine di Dio e quindi, ad amarsi in Dio e ad amare Dio in sé.

La filaftia passione

La filaftia-passione è una perversione di questa filaftia virtuosa e consiste, al contrario, nell'amore proprio nel senso primo e non edulcorato di questo termine, cioé nell'amore egoista di sé, nell'amore dell'io decaduto, allontanato da Dio e volto verso il mondo sensibile, che conduce, perciò, a una vita carnale e non spirituale.

Per quest'ultimo motivo, la filaftia è generalmente definita come un amore o una passione per il corpo e per le sue inclinazioni passionali (San Massimo il Confessore e san Giovanni Damasceno).

Qui per corpo s'intende non tanto lo stesso composto somatico, così com'è stato creato da Dio all'origine, sottomesso all'anima e spiritualizzato, i cui organi erano orientati verso Dio, quanto piuttosto all'io decaduto al quale l'anima si subordina; attraverso i suoi sensi e le sue membra, il corpo diviene l'organo primario della conoscenza e del godimento del mondo considerato da un punto di vista esclusivamente sensibile, cioè indipendentemente da Dio.

All'origine: corpo----> sottomesso all'anima e spiritualizzato, orientato verso Dio
Dopo la caduta: anima----> sottomessa al corpo, orientata verso la creazione: ad adorare se stessi e quindi la creazione. 

Le cause, da dove nasce e come si sviluppa questa passione?

San Massimo il Confessore individua la causa principale nell'ignoranza di Dio. Tale ignoranza conduce l'uomo alla filaftia e dalla filaftia alle passioni.

Per ignoranza di Dio s'intende la rinuncia volontaria da parte dell'uomo alla propria vocazione, al destino divino, all'unione e alla comunione d'amore con Dio per l'eternità (theosis/divinizzazione), il rifiuto della conoscenza divina.

Creandosi questo grande vuoto interiore, l'uomo lo colma con la conoscenza passionale e sensibile del mondo. Così commenta san Massimo: "abbandonato così liberamente alle sole emozioni dei sensi come le bestie sprovviste d'intelligenza, l'uomo -allontanato dalla bellezza spirituale e divina- trova, attraverso l'esperienza della parte esteriore e corporea della sua natura- una creazione che innalza al posto d Dio"

E continua: "più l'uomo andava verso le cose sensibili, attraverso i suoi soli sensi, più l'ignoranza di Dio lo opprimeva; più egli era soggiogato dall'ignoranza di Dio, più si abbandonava al godimento delle cose materiali conosciute attraverso l'esperienza; più si imbeveva di questo godimento, più eccitava la sua filaftia che ne era la conseguenza; più coltivava la filaftia, più inventava molteplici mezzi per ottenere il piacere, frutto e scopo della della filaftia". Simultaneamente alla ricerca incessante e multiforme del godimento, la filaftia spingeva l'uomo a evitare il dolore che inevitabilmente segue al piacere.

La filaftia è un odio verso se stessi

Anche se può sembrare paradossale, in realtà, la filaftia è un odio verso se stessi. San Teofilatto di Bulgaria scrive: "Filaftico è colui che ama solo se stesso, di conseguenza gli capita di non avere neanche amore per sé". Non solo il filaftico non si ama ma senza saperlo si odia. Egli è, scrive san Massimo, "amante di sé contro se stesso". 

Infatti, negando Dio attraverso l'amore esclusivo di se stesso, nega se stesso nel suo essere essenziale, rinuncia al suo destino divino e si stacca dalla fonte della sua vera vita, compiendo come abbiamo già sottolineato, un suicidio spirituale.

"E' veramente terribile" scrive san Massimo "far morire volontariamente, per amore delle cose corruttibili, la vita che abbiamo ricevuta da Dio attraverso il dono dello Spirito Santo". Così, l'uomo smette di praticare le virtù e apre la porta alle passioni, facendosi il torto più grande, poiché queste introducono in lui altrettante malattie, turbamenti, lacerazioni, sofferenze di ogni genere. 

Vivendo nella filaftia e nel suo corteo di passioni, "gli uomini" afferma san Massimo "onorano la causa stessa dell'annientamento della loro esistenza e perseguono essi stessi, senza saperlo, la causa della loro corruzione....gli uomini come fiere distruggono la loro stessa natura".

La filaftia è un odio verso il prossimo

"Oh la filaftia, universale odiatrice! Odiatrice di Dio ma anche del prossimo!" (Evagrio, san Teodoro di Edessa e san Giovanni Damasceno)

L'amore di Dio e di sé in Dio, implica per l'uomo l'amore del suo prossimo (cf 1Gv 5,1), portatore come lui dell'immagine di Dio, chiamato come lui ad essere figlio di Dio per adozione e dio per grazia. Ogni uomo è per lui un simile e un fratello nel quale ritrova Dio e si ritrova o almeno ritrova un altro membro dello stesso corpo, un'altra parte dell'unica natura umana.

Ignorando Dio per mezzo della filaftia, l'uomo non può più amare veramente il suo prossimo, perché non gli appare più ciò che fonda questo amore: egli non percepisce il legame trascendente che unisce gli uomini tra loro e con se stesso.

Non percependo più nel suo prossimo ciò che costituisce la sua realtà profonda, e cessando di essergli unito spiritualmente, il filaftico si priva di ogni autentica relazione con lui. E' allora che si instaurano tra gli uomini rapporti superficiali in cui regna la non conoscenza reciproca, perfino l'ignoranza reciproca, l'insensibilità degli uni nei confronti degli altri e l'assenza di vera comunicazione. Per il filaftico, gli altri uomini non sono il prossimo, fratelli e figli dello stesso Padre che condividono in Dio la stessa natura, ma estranei (cfr. Col 1, 21) e anche peggio: rivali e nemici.


Dal momento che il filaftico, anziché mirare al vantaggio e al bene altrui, ricerca l'affermazione di se stesso e il proprio interesse, allora, molto spesso il suo prossimo è un semplice mezzo per ottenere i piaceri che vuole raggiungere e così il prossimo viene da lui ridotto al rango di oggetto. Può anche essere per lui un concorrente, un rivale nell'affermazione di se stesso e nella ricerca del piacere; in questo caso egli dirige verso di lui tutta la sua aggressività.

Là dove vi è l'amore di Dio, "Cristo è tutto in tutti" (Col 3,11) "e non c'è più greco o giudeo, circonciso o incirconciso, barbaro o scita, schiavo o libero, né uomo né donna". Là dove regna la filaftia, al contrario, non si che vedono opposizioni, divisioni, rivalità, invidia, gelosia, discordie, inimicizie, litigi, aggressività, tutte manifestazioni che sono i frutti di questa passione, proprio come la non socievolezza, l'ingiustizia, lo sfruttamento di alcuni da parte di altri e anche gli omicidi e le guerre. 

LA CURA

Poiché tale malattia consiste nell'inversione contro natura di una tendenza naturale dell'uomo: l'amore di sé virtuoso, legato indissolubilmente all'amore di Dio e quindi all'amore del prossimo, la cura allora sarà di fare inversione di rotta ritornando alla nostra vocazione, al destino divino, all'unione e alla comunione d'amore con Dio per l'eternità che iniziano già su questa terra. Amando Dio che è Amore, ameremo in maniera corretta non solo il prossimo ma anche noi stessi.

(piccolo sunto dal libro: 

Terapia delle malattie spirituali. Un'introduzione alla tradizione ascetica della Chiesa Ortodossa

di Jean-Claude Larchet